#TorinoFilmFestival: Tangerine di Sean Baker
Arte Rivista – Torino
Dopo Prince of Broadway (2008), vincitore del premio speciale della giuria, e Scarlet (2012), il regista americano Sean Baker ritorna al Torino Film Festival presentando in anteprima italiana l’ultima opera, reduce dal Sundance Film Festival, Tangerine.
La genesi del film è una semplice idea, quella di realizzare un film su due persone che si incontrano in un negozietto di ciambelle in un quartiere di Los Angeles. Originario di L.A, Baker ha dunque intrapreso un viaggio, insieme al co-sceneggiatore Chris Bergoch, nelle sottoculture di un quartiere a luci rosse frequentato da prostitute transgender. Ed è in un centro LGBT che Baker farà la conoscenza delle magnetiche ed ecclettiche Mya Taylor e Kitana Kiki Rodriguez dando forma ad un racconto dai tratti grotteschi in bilico tra il tragico e il comico.
Alexandra e Sin-Dee, due prostitute transgender, si incontrano alla vigilia di Natale dopo il rilascio di quest’ultima dopo un mese di detenzione. Venuta a conoscenza dall’amica che il fidanzato, suo pappone, Chester (James Ransone) l’avrebbe tradita con una fish (una vera e propria donna), Sin-Dee si lancerà in una ricerca disperata della rivale per un ultimo e rivelatore confronto con l’amore conteso.
Parte dei casting è avvenuta attraverso l’utilizzo di piattaforme come Instagram e Vine, mentre Soundcloud è stata fonte di ispirazione per una colonna sonora che in maniera schizofrenica ed ipnotica accosta brani classici a composizioni techno da cardiopalma, tra cui Team Gotti Anthem di Dj Heemie e DJ Lightup che accompagna uno delle scene più memorabili (e che a noi ricorda molto Run Lola Run, anche per questo atipico connubio musicale).
Ma a risultare ancor più interessante è l’innovazione, per quanto non priva di antecedenti, nell’utilizzo di un iPhone 5S come strumento di ripresa, accostato per l’occasione da lenti anamorfiche, un supporto Steadicam per migliorare la fluidità dei movimenti di camera e un’app chiamata Filmic Pro utilizzata per la gestione di controlli come focus e il colore. Il risultato è un immagine widescreen 2:35:1, altamente cinematografica, che tramite un processo di saturazione (e quindi in controtendenza rispetto alla sempre più diffusa desaturazione dell’immagine) dona tratti pittoreschi e suggestivi ai personaggi e alle ambientazioni.
Un film che per l’ambientazione temporale e le tematiche, come il valore della famiglia e dell’ amicizia, si potrebbe catalogare come un film natalizio per certi aspetti, e forse molti, anti-canonico rispetto al genere.
E se in un impercettibile e fugace secondo il cognome di Sin-Dee (Rella) ci viene rivelato (con rimando alla figura di Cenerentola), un’altra donna smarrisce, correndo per le strade di Tinseltown, la sua scarpetta di cristallo.
Ed ecco la rivelazione, di una folle e grottesca fiaba moderna.