#TorinoFilmFestival: Sam was Here di Christophe Deroo

California, Deserto del Mojave, 1998. Uno strano bagliore rosso appare nel cielo. Sam, un venditore porta a porta di una quarantina d’anni, viaggia attraverso le poche aree abitate del deserto californiano alla ricerca di nuovi clienti, ma sembra non esserci nessuno. Oltretutto, neppure sua moglie risponde al telefono. È come se tutti lo stessero evitando. Solo e senza il minimo contatto umano per giorni interi, ascolta ininterrottamente un talk show sull’unica stazione radio del posto. Il presentatore, un uomo di nome Eddy, riceve le chiamate dagli ascoltatori, i quali condividono le loro preoccupazioni su un killer di bambini che sembra essere a piede libero nella zona. Nel frattempo, Sam inizia a essere psicologicamente turbato dalle strane minacce che riceve sul cercapersone. A poco a poco, la gente ritorna e cerca di ucciderlo. Sam è diventato un obiettivo ed è costretto a difendersi. Finisce però per perdere la testa, colto da paranoiche crisi di identità. È davvero l’assassino che tutti cercano o lo stanno spingendo a diventarlo?
Con alle spalle una sostanziosa esperienza da direttore della fotografia, il filmmaker francese Christophe Deroo rispolvera l’osannato cortometraggio Polaris (2013), riadattandone il soggetto nel lungometraggio d’esordio Sam was Here, presentato in anteprima italiana alla trentaquattresima edizione del Torino Film Festival, per la sezione fuori concorso After Hours.
Un road-movie che percorre le sconfinate e desolate strade del deserto californiano tra ostili incontri con personaggi de-umanizzati da grottesche maschere ed ambienti in cui ridondanti parole di uno speaker radiofonico fomentano gli ascoltatori alla caccia all’uomo. Un horror sperimentale, sicuramente anticonvenzionale, rievocatore di un certo cinema dell’assurdo e a cui, con una certa umiltà, ci potremmo appellare con l’attributo di lynchiano.
Lungi dal fornire una chiave di lettura univoca, allo spettatore non resta che lasciarsi affascinare dalla suggestiva e patinata fotografia curata da Emmanuel Bernard nonché da una magnetica colonna sonora realizzata dal duo francese Christine, che con richiami alla musica elettronica di fine anni ’70 e inizio anni ’80, ammicca al cinema carpenteriano.
