#TorinoFilmFestival: A Morning Light di Ian Clark
Arte Rivista – Torino
In assoluta anteprima mondiale arriva sui grandi schermi del Torino Film Festival, giunto ormai alla sua trentatreesima edizione, il lungometraggio d’esordio di Ian Clark, videomaker ed artista americano recentemente annoverato dalla rivista Filmmaker Magazine tra le 25 New Faces dell’ultima annata.
A Morning Light ci invita ad un’esperienza mistica nelle vesti del trentenne Zach (interpretato dal regista Zach Weintraub, volto noto al Torino Film Festival dove nel 2012 presentò la pellicola The International Sign for Choking), congedato dal servizio forestale ed ora impegnato in lunghe escursioni nei solitari e selvaggi paesaggi americani.
Durante una di queste, incontra l’ex fidanzata Ellyn (Celia Rowlson-Hall) con la quale stabilirà un riavvicinamento in una sequenza di eventi, manifestazioni e fenomeni inspiegabili. Due nuovi enigmatici, quanto silenti, vicini (interpretati da Austin Will e Dusty Decker) fanno la loro comparsa nella quotidianità di Zack, mentre un notiziario comunica profeticamente l’avvistamento di oscure e misteriose entità aeree aliene all’operato umano.
L’opera realizzata tramite Kickstarter, sito web di crowdfunding, prende luce dall’interesse del regista, nato durante la realizzazione del progetto MMXIII, verso il cielo e i movimenti e significati dei corpi celesti. Un interesse rafforzato dalla raccolta di una serie di testimonianze pubbliche di persone, tra cui figure rinomate come il Ministro della Difesa canadese Paul Hellyer, che avrebbe affermato come l’esercito americano sarebbe entrato in contatto con entità extraterrestri già nel lontano 1940, e lo psichiatra di Harvard John Mack che, inizialmente scettico, avrebbe riconosciuto come veritiere le abduction descritte dai propri pazienti.
Nell’intento di esplorare il mondo naturale nella sua primordialità e di riconsiderare la forza e l’impatto ecologico sull’umanità, Ian Clark specula sulle possibilità di un incontro tra civiltà aliene investigando sugli effetti psicologici e disorientanti di paesaggi selvaggi ed estranei all’uomo.
Il confine tra realtà ed immaginazione è labile ed impercettibile e l’autore invita lo spettatore a domandarsi quanto di quei fenomeni visivi e sonori (menzione d’onore per l’apporto musicale e sonoro di Brett Allen che contribuisce nella creazione di una tensione lungo tutta la durata della pellicola) sia reale e quanto sia frutto della mera percezione umana.