MIART ’17: quattro opere per persone normali

Come ogni anno a Miart si incontrano i personaggi più diversi, galleristi accaniti, giovanissimi, laureati in costose università, che in giacca e cravatta sognano il giorno in cui potranno avere una galleria propria e persone normali, tante persone.
Miart si presenta come un evento piuttosto specifico, una fiera che dovrebbe interessare la stretta cerchia di compratori e intenditori di arte contemporanea, ma l’incredibile folla che si riversa all’entrata quasi certamente non è composta di soli esperti. L’arte contemporanea si caratterizza per la sua concettualità a tratti estrema e oscura ai più, per certi versi incomprensibile se non si considerano contesti e ragioni personali dell’artista creatore, ma forse il motivo per cui tutte queste persone non esperte visita certi tipi di esposizioni è la semplice e primitiva ricerca del bello, un’estetica così superficiale e facile da catturare senza aver bisogno di incastrarsi in nessuna interpretazione concettuale.
Ecco quindi quattro opere da Miart 2017 che delle persone normali potrebbero apprezzare:
“Are you really happy”, 2012, Jeppe Hein, König Galerie, Berlino
Hein è un artista danese che vive tra Berlino e Copenhagen, egli crea sculture interattive e installazioni, anche pubbliche che fondono minimalismo e arte concettuale. Are you really happy? È la domanda che tutti si fanno, ma nessuno vuole che gli altri sentano la propria risposta! E se non vi è mai accaduto di ritrovarvi in bagno davanti allo specchio, appunto, a chiedervi se siete davvero felici, Hein vi costringe a prendervi un attimo per pensarci. Le superfici in cui Hein incastra la scritta in tubi di neon azzurri sono specchi che permettono allo spettatore di vedere sè riflesso, oltre alla domanda, ognuno vede se stesso e non ha scampo.
Inchiostri di Margherita Moscardini, 2016, Ex Elettrofonica, Roma
Gli inchiostri esposti sono solo una piccola parte del lavoro dell’artista intorno all’argomento dell’ambiente urbano e della sua popolazione considerata come parte costitutiva del tutto. La Moscardini rappresenta con tratti sottili blu o rossi agglomerati di folle partendo da fotografie reali o dipinti. La città e l’ambiente sono visti come costruiti dalla folla stessa e i vuoti lasciati rappresentano le architetture urbane cancellate dall’artista.
“Reframed record”, 1978-88 di Vladimir Havlik, 1978-88, Galleria Alberto Torri, Milano
Artista ceco classe 1959, a Miart propone una serie di fotografie bianco e nero perfettamente incorniciate e ordinate su un’intera parete. Le foto coprono un periodo preciso e hanno la semplice funzione di documentare azioni, ricordi, permettendo allo spettatore di focalizzarsi sulla performance individuale dell’artista.
“Smile” e “Crying woman”, 2017 di Rodrigo Matheus, Galerie Nathalie Obadia, Parigi e Bruxelles
Entrambe opere molto recenti e dal titolo ambiguo; si tratta di collage fatti di buste da lettere incollate insieme e sovrapposte. A voi l’interpretazione.
