MIA 2016 – i lavori più significativi
Arte Rivista – Milano
Primo giorno di fiera, ora di pranzo, tra i corridoi siamo in pochissimi, quasi tutti sono in coda per prendere un panino di plastica all’angolo lunch. Uomini distinti, vestiti bene si ingozzano di insalata seduti al banchetto dello stand dietro alla pigna di cataloghi, ma nonostante l’olio delle pietanze dei galleristi che sgocciola sulle brochure, molti sono stati i pezzi che non ci hanno fatto annoiare in questa edizione di MIA 2016.
Target-Memory day, Target-Blu Europe di Liu Bolin, Boxart, Verona
Artista cinese dal talento poliedrico di fama internazionale, conosciuto nel panorama artistico per i suoi celebri ritratti dove la figura umana si fonde con le circostanze spaziali a tutti i livelli: i colori, la consistenza del soggetto si con-fondono letteralmente con l’ambiente. Siamo soliti vedere Bolin in prima persona nelle sue opere, ma nella serie “Target” i soggetti si moltiplicano, ma senza perdere la sintonia cromatica con lo sfondo. Sia in Memory day che in Blu Europe un numero indefinito di migranti popolano l’immagine: nel primo i visi dipinti di sabbia non si distinguono quasi dalla riva sulla quale sono giunti, nel secondo il blu domina la scena, in una foresta di braccia e sguardi di pietà. Al di là delle tinte e delle sagome sovrapposte gli occhi di ognuno fissano dalla parete per ricordare a chi guarda che non si tratta di un corpo unico.
Superego di Marco Circhirillo, Fabbrica Eos, Milano
Marco Circhirillo, da Parma con furore, propone l’inedita opera “Superego”, nella quale più di trecento Circhirillo popolano la platea di un teatro. Sempre Marco in pose, sguardi atteggiamenti diversi, l’apoteosi dell’autoritratto, una celebrazione egotica tutt’altro che ordinaria, un narcisismo fuori dagli schemi.
Red zone di Jalal Sepehr, Officine dell’immagine, Milano
Jalal, paladino della fotografia contemporanea iraniana, vive e lavora a Teheran. Red zone è un lavoro sorprendente. L’essenza del popolo persiano, la dimensione più intima e quotidiana unita all’aspetto più tragico e storico che ha squassato il Medio Oriente, non solo negli ultimi tempi. Tappeti rosso sangue sono la superficie dove poggiano file ordinate di soldati, una pista d’atterraggio, o una strada indefinita che percorre una famiglia che si scorge in lontananza, costretta ad abbandonare la terra madre.
Sense of space-Wake dei Gao Brothers, Madeinartgallery, Milano
L’opera è solo una della serie “Sense of space” che lega la fotografia artistica con la denuncia sociale e politica. I Gao Brothers, artisti cinesi da sempre impegnati nell’arte con angolatura socio-politica, in quest’opera scelgono di rappresentare la frenesia, il consumismo e la totale assenza di intimità di cui l’uomo necessità in un mondo così eccessivamente condiviso. Una bacheca enorme in legno, ma al contempo piccolissima se si pensa allo scopo per cui è stata concepita, accoglie uomini nudi, stipati, come scatole di latta sugli scaffali del supermarket. Lo sguardo attonito dei protagonisti inermi sconvolge per l’impotenza e l’incapacità di movimento che trapela.
Come eravamo di Paola Agosti, s.t. foto libreria galleria, Roma
Rimanendo sull’onda della denuncia sociale e della lotta politica, il breve corridoio, forse eccessivamente nascosto, dedicato a Paola Agosti. Cacciatrice di volti politici del ‘900, di insurrezioni e lotte di spessore sociale non indifferente, offre a Mia 2016 una retrospettiva sulle rivendicazioni per i diritti delle donne messe in moto dal Movimento Femminista negli anni ’60 e ‘70. L’Agosti immortala in bianco e nero i volti più agguerriti, i gesti più combattivi e gli slogan più sprezzanti che sfilarono lungo le strade italiane durante i cortei.
In copertina: Giovanni Gastel – Omaggio alla Dolce Vita (Bianca Balti)