Jean-Michel Basquiat al MUDEC Milano
Arte Rivista – Milano
New York, 22 dicembre 1960, nasce Jean-Michel Basquiat, un fanciullino dalla pelle caffè latte destinato a stravolgere il panorama artistico e culturale della Grande Mela, armato soltanto di pochi colori e segni rudimentali.
Il suo animo infiammato non si uniforma ad alcun tipo di convenzionalità, per questo frequenterà “City as school”, un liceo per giovani ribelli con spiccato talento artistico, ma incapaci di incastrarsi nel sistema d’istruzione tradizionale. Qui Jean-Michel conoscerà Al Diaz, con il quale si divertirà a marchiare i muri della city identificandosi sotto il nome comune di SAMO, creato da “Same old shit”.
La produzione di Basquiat si presenta variegata, vivace ma al contempo intrinsecamente collegata dal fil rouge rappresentato dal disegno, dalla ricerca del primitivo e dall’eco infantile.
L’esposizione dà vita ad un percorso cronologico e geografico, scandito dai diversi studi in cui l’artista lavorò nella metropoli e dalle mostre, a partire dalla prima, organizzata nel maggio del 1981 a Modena.
Le tavole, le tele di Basquiat colpiscono l’occhio, animano di genuino entusiasmo la più pallida delle sale museali, sorprendendo con gesti netti e corposi di pittura. Sono i colori dei bambini, delle figure spigolose che creano strani animali, righe e tratti, macchie grumose che sembrano applicate e poi tolte dopo aver cambiato idea in un attimo di squilibrio. Spesso Basquiat dipingeva con la tv accesa, i cartoni animati mandavano fasci di luce dallo schermo, le continue visite degli amici in studio non erano una distrazione, il magma caotico della vita muoveva le mani di Jean-Michel.
Una buona parte della produzione di Basquiat a partire dal 1981 è impegnata ad indagare il problema della discriminazione razziale e dei diritti di uguaglianza e rispetto iniziando dalla presa di coscienza della propria identità come uomo afroamericano. L’opera intitolata “Famous negro athletes” mostra alcune teste nere, senza particolari di identificazione, simbolo della tendenza bianca a considerare gli uomini di colore tutti uguali, senza alcun tratto somatico che faccia differire una persona da un’altra, che la renda se stessa.
L’anatomia è costante quanto la parola scritta nell’opera di Basquiat, egli infatti studia dal volume Gray’s Anatomy riproducendo, nella stupefacente serie “Anatomy” tutta su sfondo scuro, organi, articolazioni e denti umani, un tratto bianco che rende tutto così semplice.
L’ultima stanza dedicata al profondo legame tra il padre della pop art Warhol e il giovanotto di New York, un amore così forte da trascinare Jean-Michel in un turbine fatto di depressione ed eroina quando Warhol scompare.
La nuova esposizione, al Mudec di Milano dal 28 ottobre 2016, è qualcosa di fresco per i milanesi spesso concentrati solo sugli exploit del Palazzo Reale; la mostra è una piacevole passeggiata apprezzabile da tutti, se non per la particolare tecnica, quanto meno per la fenomenale attualità del messaggio sociale.
Jean-Michel Basquiat
Mudec Museo delle Culture
28 Ottobre – 26 Febbraio