16 novembre 2016
CATEGORIA: Cinema

#TorinoFilmFestival: Elle di Paul Verhoeven

Elle

Presentato in concorso alla scorsa edizione del Festival di Cannes, Elle di Paul Verhoeven approda finalmente, dopo una lunga e trepidante attesa, in anteprima italiana per la sezione Festa Mobile della trentaquattresima edizione del Torino Film Festival.

A ben dieci anni dal suo ultimo lungometraggio (il thriller bellico Black Book), il regista olandese (noto più per blockbusters come RoboCop, Atto di forza, Basic Instinct e Starship Troopers), torna sulla scena con un’opera ambigua, alla stregua tra una dark comedy ed un sontuoso thriller hitchcockiano. Protagonista assoluta una splendida Isabelle Huppert in una delle sue migliori performance, e che ritroveremo sempre nel corso del Torino Film Festival ne L’Avenir di Mia Hansen-Løve (sempre per la sezione Festa Mobile).

A capo di una compagnia di videogiochi, Michèle è una donna in carriera, inflessibile sia in ambito lavorativo che in quello privato. La sua vita cambia inesorabilmente quando viene assalita e violentata nella sua dimora da uno sconosciuto munito di passamontagna. Inizia così un’ossessiva indagine per scoprire l’identità del misterioso aggressore. Una ricerca che non potrà che condurre ad esiti nefasti.

Elle

La prima sequenza ci rende immediatamente testimoni del dramma centrale del film, adattamento cinematografico del recente romanzo di Philippe Djian “Oh…”.
La violenza estrema ai danni del corpo femminile, quello dello stupro, viene affrontato dalla protagonista nella totale indifferenza e trasformato in un aneddoto come un altro da raccontare nel corso di una cena tra vecchi amici, come ad ingannare il tempo in attesa della portata successiva.

Ma è proprio alle spalle di tale indifferenza, al fascino discreto della borghesia (citando un capolavoro di Luis Buñuel), che si cela quell’estremizzazione dei due ingranaggi che attivano e reggono salda l’opera di Verhoeven e che definiscono più in generale la cifra poetica dell’autore. La violenza, quella primordiale e bruta, contrapposta alla sessualità (o, se vogliamo osare, sensualità). Ma è un’opposizione apparente, quella tra due forze tra loro complementari, come risulta chiaramente quando all’indifferenza di Michèle subentra un desiderio viscerale di scovare il proprio carnefice ed una serie di fantasticherie attraverso cui la donna si concede di rivivere quegli attimi, quelli della violazione del proprio corpo.

Un film che oltrepassa i confini della mera opera misogina dando vita nel personaggio di Michèle Leblanc (ed attraverso il corpo di Isabelle Huppert), ad Elle (dal fracese, Lei): una self-made-woman che oscura i vani tentativi dell’ex marito, romanziere, di ricostruirsi una carriera; una ammaliatrice di uomini, perlopiù sposati; una madre ed una figlia rigida e distaccata. Figura idealizzata, induce alla competizione le altre donne ed infiamma gli spiriti degli uomini che, pur di possederla, si prostrano agli istinti più primordiali.

“Non la definirei una commedia. Direi piuttosto che è anche una commedia, che non esclude che il film possa essere tante altre cose. Perché spesso è divertente, si osserva ancora meglio la profondità e l’oscurità di un film. Ogni cosa risalta se messa in contrasto. Come in Chekhov – una commedia black, una commedia umana.”  – Isabelle Huppert

Articolo scritto da:
Alex Zambernardi

Alex Zambernardi

Nato a Magenta nel lontano 1991, nel 2015, conclusa una triennale nell'ambito della comunicazione, sopraffatto dalla passione cinefila intraprende la laurea magistrale in Cinema e Media presso l’Università degli Studi di Torino. Su Arte Rivista si occuperà di raccontare il meraviglioso mondo della settima arte.
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