Eroine dove siete? Disparità nel mondo del merchandising
Entrate in un qualsiasi centro commerciale e dirigetevi verso l’area giocattoli. Bene, ora cercate gli scaffali dedicati ai giochi per bambine: non è un tripudio di bambole e di rosa?
Non tutte le ragazzine, però, desiderano una Barbie. Alcune (molte) vogliono giocare con le eroine che vedono al cinema, quelle che sfondano mascelle barbute con un calcio o usano con maestria armi spaziali e luminose. Più recentemente le protagoniste della Marvel o quelle di Star Wars. E dove dovranno guardare le bambine per trovare i giocattoli delle loro eroine? Negli scaffali dei maschietti? No, nemmeno lì. Chiunque dia un’occhiata ai negozi e ai cataloghi di giocattoli e di action figure riguardanti gli ultimi film della Marvel, come gli Avengers o Guardiani della galassia oppure Star Wars: The Force Awakens, avrà potuto notare la quasi totale assenza delle protagoniste del film, rispettivamente la Vedova Nera, Gamora e Rey.
Le eroine Marvel sono state snobbate in favore dei colleghi maschi. Per esempio dall’ultimo film degli Avengers della Vedova Nera non c’è nemmeno l’ombra: è stata esclusa dal set di supereroi composto da semidei e machi con armatura robotica. E spaziando nell’universo femminile di superoine e via dicendo sono parecchie le assenze che si fanno sentire: Wonder Woman, dove la lasciamo? Probabilmente in magazzino. E Super Girl, rinata grazie alla serie della CBS del 2015? Una valanga di t-shirt che si confondono con quelle del più noto Superman e pochissime action figure sugli scaffali.
E il mondo di internet, a cui nulla sfugge, ha subito gridato all’etere questa disparità: famoso l’hashtag lanciato su Twitter #whereisnatalia (cioè Natalia Romanov, nome dell’eroina in latex nero, la Vedova Nera degli Avengers, interpretata da Scarlett Johansson). E in tempi ancora più recenti un’altra domanda rimbomba su tutte le piattaforme social: #whereisrey, Rey dove sei?.
No, non stiamo parlando dell’ennesima teoria complottista sull’ultimo film della saga di Star Wars, quanto piuttosto di uno degli aspetti fondamentali e portanti dell’impero (questa volta non galattico) multimilionario che ha creato George Lucas: il merchandising. Anche la povera Rey entra a fare parte del club delle desaparecidas: il pupazzo della nuova eroina della saga cede il posto sugli scaffali alle rappresentazioni di Finn, il co-protagonista maschile, dell’antagonista Kylo Ren, del classico Darth Vader o di un qualsiasi Stromtrooper. Anche nella versione galattica del Monopoli le pedine raffigurano Finn, Darth Vader, Kylo Ren e persino Luke Skywalker in versione Il Ritorno dello Jedi, ma ancora niente Rey.
Alle altre protagoniste femminili del film non va certo meglio: Leia (che da principessa è diventata generale), la capitana Phasma e l’aliena Maz Kanata non sono ancora apparse.
“Abbiamo volute evitare possibili spoiler sulla trama” si è giustificata con una dichiarazione rilasciata a Entertainment Weekly la Hasbro, società produttrice del merchandising della saga, dopo avere ricevuto una serie di lamentele da parte dei fan sull’assenza di Rey. E così è dovuta subito correre ai ripari annunciando l’imminente uscita di nuove action figue femminili.
Perché questa consistente disparità nel mondo dei giocattoli e dei gadget di film di azione e di avventura e di fantascienza? Non hanno diritto anche le bambine a giocare con figure femminili che hanno qualcosa in più di lunghi capelli biondi e tacchi vertiginosi?
«Il mercato dei giocattoli ha subito delle modifiche negli ultimi decenni – spiega Giovanna Cosenza, docente di Semiotica dei nuovi media all’Università di Bologna – Dagli anni ’90 è iniziata una regenderization, una regenderizzazione, per cui in un negozio di giocattoli i padiglioni per le bambine sono caratterizzati dal colore rosa. Nei decenni precedenti la differenza fra giocattoli per bambino e bambina non era così marcata: oggi c’è l’impero del pink, ovvero bambina uguale pink».
A questo punto come colloca l’industria dei giocattoli l’avvento di personaggi femminili con caratteristiche solitamente degne di un protagonista maschile in un mercato che essa stessa negli ultimi vent’anni ha cercato di dualizzare a livello di genere?
«La scelta, deliberata o meno, di escludere i personaggi femminili dal merchandising – prosegue Cosenza – può essere semplicemente spiegata attraverso una logica di marketing: i maschietti giocano di più con le action figure, quindi comprano di più. Inoltre andrebbe contro la regenderization attuata negli anni dall’industria del gioco. Nessuno schema malvagio di da dietro le quinte di Hollywood per mettere in ombra le nuove figure femminili più forti e empowered, quindi. In America il cinema dovrebbe invece dare più ruoli di azione fisica e mentale alle donne e trainare la controtendenza anche nel mondo dei giocattoli».