27 gennaio 2016

Anche l’Italia ebbe i suoi lager – Giorno della Memoria

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«Una sera ‘la tigre’ venne a consegnare due povere donne ebree. Sembra che le dessero fastidio perché, malate, si lamentavano. Vennero finite nel modo più bestiale: spogliate in pieno gennaio, annaffiate con secchi d’acqua, lasciate senza cibo. Madre e figlia. La giovane che tardava a morire, venne affogata in un secchio. Almeno in venti di noi, la udimmo fino all’ultimo rantolo».

Forse leggendo questo estratto penserete che sia la terribile testimonianza di un deportato sopravvissuto ad Aushwitz, Birnkenau o Treblinka. Questa purtroppo è la testimonianza di Enrico Pedrotti e risale a quando era detenuto presso il campo di concentramento di Bolzano, attivo dal 1944 in Italia.

Il campo di Bolzano era un campo di transito (Durchgangslager), dove si ammassavano e smistavano verso la Germania o la Polonia i prigionieri catturati in Italia, anche se una piccola parte dei deportati restava in loco lavorando come schiavi per il lager stesso o per le aziende della vicina zona industriale.

Lo stesso Mike Bongiorno, che era stato arrestato dalla Gestapo mentre svolgeva l’attività di “staffetta” da partigiano, transitò dal lager di Bolzano prima di essere deportato come molti altri prima e dopo di lui: il periodo di permanenza poteva variare da poche settimane a qualche mese, dopo si veniva caricati su treni merci diretti verso i lager nazisti.

Nei lager italiani le angherie e le violenze gratuite nei confronti dei prigionieri erano quotidiane, basti leggere per aver conferma Anche a volerlo raccontare è impossibile, libro edito dal circolo culturale ANPI di Bolzano e consultabile gratuitamente on-line dal sito dell’Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti, uno dei tanti, tantissimi documenti che testimoniano una delle pagine più tristi della nostra storia.

In Italia erano decine le strutture simili a quella di Bolzano: non c’erano solo campi di concentramento e transito istituiti dalle autorità tedesche (come Bolzano, Fossoli, Borgo San Dalmazzo e la Risiera di San Sabba), ma anche campi di concentramento provinciali istituiti dalla Repubblica Sociale Italiana, che erano molto più numerosi.

Forlì, Bagno a Ripoli, Servigliano, Coreglia Ligure, Bagni di Lucca, Asti, Senigallia, Mantova, Milano (presso il carcere di San Vittore), Vo’ Vecchio, Perugia, Ravenna, Spotorno, Sondrio, Teramo: questi e molti altri luoghi furono accomunati dalla presenza di strutture per il transito, la detenzione e l’eliminazione di un gran numero di detenuti, in prevalenza prigionieri politici ed ebrei.

Qualcuno ancora oggi, poiché non ne conosce la storia, sostiene che esista una netta differenza tra nazismo e fascismo, poiché il fascismo, sempre secondo una sparuta minoranza, non si macchiò degli stessi crimini del nazismo e «Mussolini fece solo l’errore di allearsi con Hitler».

Alla luce del fatto che anche l’Italia ebbe i suoi lager, che collaborò con i nazisti attivamente, rastrellando gli ebrei e altre minoranze per mandarli nei campi di concentramento e sterminio, ha ancora senso difendere l’ideologia che ha permesso questo scempio al giorno d’oggi?

Movimenti e partiti come Casapound o Forza Nuova, che rivendicano con orgoglio la pesante eredità del ventennio fascista, cercano di evitare l’argomento, di nasconderlo, perché è imbarazzante  ammettere il legame con uno dei genocidi più efferati della storia dell’umanità: meglio parlare di alcune piccolezze in cui il fascismo si distingueva dal nazismo o della bonifica dell’Agro Pontino.

Chiunque ancora oggi sostenga che il razzismo del fascismo fosse più “speculativo”, mentre quello della Germania nazista fosse più “materialista”, dato che comportava l’eliminazione fisica, evidentemente vuole occultare la verità che ci ha tramandato la storia, una verità che abbiamo diritto di conoscere e di cui non dobbiamo mai dimenticarci: l’Italia fascista ha fatto parte delle macchina di morte che ha privato della vita circa sei milioni di ebrei.

Articolo scritto da:
Alessio Scalzo

Alessio Scalzo

Cresciuto ad Agrigento, milanese dal 2009. Laureando in Lettere Moderne, esperto di editoria, dal 2015 attraverso Arte Rivista muove i suoi primi sicuri passi nel mondo dell'arte.
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